Pietrasanta: Nona Tappa

Mi aspetta Pietrasanta. Porto con me Santa Maria degli Angeli. Il treno si snoda tra il verde. Tocco Firenze, Viareggio e da li, l’ultimo strappo. Davanti alla stazione, una statua. Marmo di Carrara. Siamo nella zona di produzione. Bianco o leggermente colorato, grana finissima, il marmo più famoso del mondo, duro, come la gente di qui. Non ci sono mezze misure, o li ami o li odi non li tolleri ne li sopporti, semplicemente o li ami o li odi. Ho frequentato questi posti in un periodo molto difficile della mia vita. Non ho bei ricordi, ma Pietrasanta non lo merita. Questi sassi non hanno colpe, sono stati usati come me.
Questa sera suono alla Bottega dei Piastroni. Non è distante dalla stazione. Passo in Via del Castagno. Quel muro appoggiato li, residuato storico di un tempo che non c’è più, pieno di finestre e grate che danno sul niente. Cammino radente fino a Via Santini e poi via Sauro. Mi fermo in una delle tante focaccerie. Non ho mai mangiato una focaccia come in questi luoghi. Non riesco a descriverne le sensazioni che si provano. Respiro storia gustando quel pezzo di cibo che ho in mano. Quando non c’erano strade e si parlava la lingua di Dante, la focaccia era già li, a riempire quelle contrade con il suo profumo. Non voglio finire nella retorica del “buono perchè vecchio e tradizionale”, sono semplicemente le mie sensazioni. Al mio paese ci sono infinitamente più negozi di vestiti, qui sono focaccerie, due modi diversi di coccolarsi. Arrivo al locale. Entro. Non è molto grande, muri in pietra ed archi con mattoni a vista. Sedie e tavoli di legno. All’ingresso il profumo di salumi e del pane. Mi vedono arrivare con la chitarra in spalla, capiscono chi sono. Una stretta di mano. La parlata toscana, quelle “c” dolorose che mancano. Mi offrono da bere ed uno spuntino. Pane toscano, olio extra vergine, salumi. È oltre la bontà come loro sono oltre la simpatia. Mentre sgranocchio il cibo, mi fanno vedere la mia postazione. È perfetta. Preferisco i locali non troppo grandi. Il mio blues, in fondo, deve restare mio e non disperdersi. Questo è l’ambiente ideale.
Mi sto riconciliando con un paese bellissimo. Prima di iniziare ho qualche ora a disposizione. A volte fare pace significa ripercorrere le strade che hanno portato alle divergenze, rivivere tutto ciò che è avvenuto dopo. Non è mai un viaggio tranquillo. Tornano gli investimenti emotivi, i ricordi di posti e persone, i dialoghi, le sensazioni, ma ora ci sono occhiali diversi che il tempo riesce sempre a fornire. Grazie a questi è possibile rielaborare. Vado in Piazza Matteotti passando anche per le stradine strette che fanno parte di quel centro storico tanto conosciuto. Il Guerriero di Botero è ancora li, messo ad osservare il Municipio. Fernando Botero viene spesso a Pietrasanta, lo conoscono in molti. L’artista colombiano rispetta il colore senza enfatizzarlo e, generalmente, rinunciando a mettere ombre perché arrivi puro a chi osserva i suoi quadri. È conosciuto per i soggetti dilatati, siano persone, pezzi di persone o animali. Il Guerriero in Piazza Matteotti non fa eccezione. Pietrasanta è invasa da queste opere. Oggi, in quel luogo, non suono per conoscere altri, suono per me, per ricordare, per tornare a quei momenti e scegliere la strada diversa.
Allora vivevo una realtà che pensavo inesorabilmente immutabile e scolpita. Oggi, nello stesso posto, la realtà che vivo è totalmente diversa. Sono passati pochi anni ed è cambiato tutto. Un saluto veloce al Guerriero e mi muovo. La piazza del centro storico mi aspetta. Quella torre campanaria del ‘500 in mattoni, insieme a tutto il resto, il Duomo di San Martino, il Battistero, la Chiesa di S.Agostino. La via per arrivare è costellata di piccole botteghe artigiane che lavorano il marmo. Si sta facendo buio. Guardo il cielo mentre mi siedo ai piedi della torre. Il cielo è la metafora perfetta per capire quanto la realtà che immaginiamo sia solo una illusione. Vediamo stelle che ci appaiono disegnare figure immaginarie (e spesso ce ne vuole di fantasia a vederle) semplicemente unendo i punti come sulla settimana enigmistica. Hanno distanze e grandezze diverse da come appaiono, quindi ci mostrano solo una proiezione che è molto distante dalla realtà. Non vediamo il cielo come è, ma come era. Ogni singolo astro era nel punto e con la luminosità che osserviamo adesso, nel momento in cui la luce partì per arrivare da noi. Ora, potrebbe non esistere più, eppure ci appare nella volta celeste. Il cielo non è una fotografia reale, ma una un insieme di fotografie, fatte tutte in epoca diversa messe li per dare un’illusione. La cometa che passa oggi, passa realmente. La supernova ammirata in questo periodo è esplosa 3,5 miliardi di anni fa, ma appare insieme alla cometa. La supernova non è più da tanto tempo ma la sua luce ha impiegato miliardi di anni per giungere a noi. Quello che vediamo ci sembra reale ma non lo è affatto. Ogni singolo punto è un punto nello spazio e nel tempo.
Oggi a Pietrasanta ho ritrovato un rapporto. Ho perdonato. Si chiede scusa per gli altri, si perdona per se stessi. La mia felicità è più importante del rancore. A Pietrasanta è nata Irene Fornaciari che con il Blues ha familiarità. “Rolling Stone” di Muddy Waters è per le pietre di Pietrasanta.
Santa Maria degli Angeli, ottava tappa